Diverse pronunce della Cassazione dello scorso gennaio hanno definito limiti e caratteristiche della bancarotta  nelle procedure fallimentari.

In estrema sintesi, per configurare una ipotesi di bancarotta fraudolenta non è sufficiente l’accertamento della mala gestio dell’impresa: è altresì necessario che vengano accertate condotte specifiche volte a ritardare il fallimento e ad arrecare danno ai creditori o ingiusto profitto per se o per altri (Cassazione 5.01.2022 n. 118).

Per la bancarotta semplice invece (ipotesi meno grave) è necessario aver assunto comportamenti e svolto operazioni finalizzate esclusivamente a far ritardare la dichiarazione di fallimento o aver tenuto condotte molto azzardate o imprudenti: anche qui però è necessario avere anche la consapevolezza della situazione di insolvenza.

La Cassazione ha precisato che la “sottocapitalizzazione” dell’impresa non può rappresentare l’unico indice del dissesto.

Per sottocapitalizzazione si intende una situazione di deficit, di difficoltà tale da impedire la gestione dell’attività ed il perseguimento degli obiettivi aziendali solo con le proprie risorse.

Il solo elemento della sottocapitalizzazione, se può essere indicatore di una probabile difficoltà ad onorare gli impegni aziendali, non è ritenuto da solo sufficiente a definire la grave crisi finanziaria che invece è l’anticamera della bancarotta.

Presupposto della bancarotta è la condotta dell’imprenditore/amministratore della società che agisce in modo tale da impedire o rendere difficoltoso al curatore fallimentare la ricostruzione del patrimonio o degli affari della società fallita attraverso documenti contabili attendibili o impedendogli l’acquisizione del patrimonio sociale.

Precisa la Cassazione con la sentenza 1369 del 14.01.22 che non è sufficiente la mancata regolare tenuta delle scritture contabili per configurare bancarotta fraudolenta: è necessario provare anche il dolo dell’imprenditore, che deve essere consapevole che la sua condotta ostacolerà l’attività del curatore fallimentare nella ricostruzione del patrimonio sociale.

Anche qui devono essere fatte alcune specifiche considerazioni: il dolo dell’imprenditore finalizzato a determinare un ingiusto profitto per se o per altri o di recare danno ai creditori non può essere dimostrato esclusivamente con la sua indicazione al curatore, poi risultata falsa, del soggetto che doveva custodire le scritture contabili (Cass. 18.01.2022 n. 2036).

Interessante infine la pronuncia della Cassazione n. 124 del 2022, secondo la quale la distrazione dei beni aziendali da parte dell’imprenditore può configurare ipotesi di bancarotta anche qualora i beni abbiano provenienza illecita: ogni bene, indipendentemente dalla sua derivazione, può essere ritenuto idoneo a soddisfare la massa dei creditori.