Il certificato di agibilità o abitabilità è un documento fondamentale per la regolarità urbanistica dell’immobile, storicamente introdotto con il Regio Decreto n.1265 del 1934.

Tralasciandone l’evoluzione storica,  è stato più di recente disciplinato dagli artt. 24 e 25 del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

Il certificato assicura che l’immobile rispetta le norme in materia di igiene, sicurezza e Risparmio energetico. L’ente preposto al rilascio del certificato di agibilità è il Comune.

Il D.Lgs. 222/2016 ha semplificato la procedura per ottenere la certificazione, istituendo la Segnalazione Certificata di Agibilità con la quale un professionista dichiara che l’immobile rispetta tutti i criteri di igiene, sicurezza e risparmio energetico previsti dalla legge, nonché che l’immobile risponde esattamente al progetto di lavoro presentato a suo tempo in Comune.

Il certificato di agibilità è quindi un attestato che testimonia che un immobile è abitabile.

In passato esistevano il Certificato di abitabilità, che si riferiva agli immobili ad uso residenziale ed Certificato di agibilità, che si riferiva agli immobili destinati ad uso commerciale: ora agibilità e abitabilità si riferiscono alla stessa cosa, ossia alla rispondenza dell’edificio alle norme igieniche, di sicurezza e di risparmio energetico, indipendentemente dall’uso residenziale o commerciale.

Possiamo dire più semplicemente che il certificato rappresenti l’elemento qualificativo dell’immobile, una sorta di “bollino blu della banana Chiquita”.

Vendere un immobile senza tale certificazione può comportare gravi problemi, qualora di tale mancanza non si sia dato atto, con esonero di responsabilità del venditore, nel contratto preliminare e nella successiva compravendita.

La mancanza del certificato può configurare l’ipotesi di vendita di aliud pro alio, una cosa per un’altra, e può generare gravi contestazioni da parte dell’acquirente, il quale pensava di acquistare  la “banana Chiquita” ed invece si ritrova con una “mela bacata”.

L’acquirente può quindi citare in giudizio il venditore, contestando la mancanza del certificato, per chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo e comunque il risarcimento del danno. La giurisprudenza di legittimità ha fissato però dei limiti a tali iniziative della parte acquirente.

La Cassazione, con ordinanza 11 febbraio 2022, n. 4467, ha ribadito un importante concetto, già affermato in precedenti occasioni (tra le tante Cass. 9 giugno 2010, n. 13840;  Cass. 5 dicembre 2017, n. 29090; Cass. 13 agosto 2020, n. 17123).

E’ stato, infatti, affermato che, in tema di compravendita immobiliare, “la mancata consegna al compratore del certificato di abitabilità non determina, in via automatica, la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del venditore, dovendo essere verificata in concreto l’importanza e la gravità dell’omissione in relazione al godimento e alla commerciabilità del bene; cosicché, ove in corso di causa si accerti che l’immobile promesso in vendita presentava tutte le caratteristiche necessarie per l’uso suo proprio e che le difformità edilizie rispetto al progetto originario erano state sanate a seguito della presentazione della domanda di concessione in sanatoria, del pagamento di quanto dovuto e del formarsi del silenzio-assenso sulla relativa domanda, la risoluzione non può essere pronunciata.”

Pertanto, pur costituendo il certificato di abitabilità un requisito giuridico essenziale ai fini del legittimo godimento e della normale commerciabilità del bene, la sua mancata consegna all’acquirente costituisce sì un inadempimento grave del venditore, ma non è detto che incida necessariamente in modo dirimente sull’equilibrio delle reciproche prestazioni.

Il rilascio del certificato di abitabilità, anche se successivo ala vendita ed alla instaurazione del giudizio,  esclude la possibilità stessa di configurare l’ipotesi di vendita di “aliud pro alio”.

Non prendere posizione sulla presenza o meno del certificato, in sede di accordi sulla vendita, rappresenta  un errore grave per il venditore, ma non sempre “fatale” per i suoi interessi.

È però fortemente consigliabile che la questione “abitabilità/agibilità” venga affrontata dalle parti prima di addivenire alla vendita, per evitare spiacevoli code giudiziarie dall’esito pericoloso sia per il venditore che per l’acquirente