Vendo il mio appartamento dove ho vissuto e che ho arredato con mobili ed arredi “su misura”. Cosa posso rimuovere e cosa devo lasciare nella disponibilità dell’acquirente?

La questione nasce, ovviamente, qualora le parti non abbiamo preso impegni specifici sull’argomento: è evidente che se ho pattuito di vendere la casa “completamente arredata” e magari con un elenco di beni, non si porrà alcun dubbio.

Se invece nel preliminare e nel successivo atto di compravendita non vengono presi accordi particolari, come dovrà regolarsi il venditore?

Interessante, sull’argomento, l’ordinanza di Cassazione civile, sez. II, del 3 ottobre 2022, n. 28613 che espone una serie di principi, nei termini che seguono.

Secondo l’art. 818 del codice civile “Gli atti e i rapporti giuridici che hanno per oggetto la cosa principale comprendono anche le pertinenze, se non è diversamente disposto. Le pertinenze possono formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici”.

Così invece l’art. 1477 del codice civile: “La cosa deve essere consegnata nello stato in cui si trovava al momento della vendita. Salvo diversa volontà delle parti, la cosa deve essere consegnata insieme con gli accessori, le pertinenze e i frutti dal giorno della vendita….”

Le pertinenze sono definite dal codice civile come quelle cose che hanno una loro oggettiva autonomia e che il proprietario ha soggettivamente destinato, in modo durevole, al servizio (anche ornamentale) di un altro bene. L’esempio può essere quello di un armadio a muro, astrattamente utilizzabile ovunque ma che nello specifico ha delle caratteristiche tali da “riempire” uno spazio particolare in un angolo della casa.

Non esiste invece una definizione normativa di “accessori”, anche se in realtà vengono richiamati in diversi articoli del codice civile.

La dottrina e la giurisprudenza hanno definito accessori in senso stretto tutti i beni che vengono a costituire parti integranti o incorporate nella cosa principale (ad esempio l’impianto idraulico di un appartamento). Gli accessori d’uso sono invece quelli che completano la funzionalità di un altro bene, al quale sono materialmente uniti come le maniglie di una porta o i rubinetti di un bagno (ad es. Cass. Sez. II Sentenza n. 2804 del 02/02/2017) .

In sintesi gli accessori non si identificano con le pertinenze, in merito alle quali rileva anche l’elemento soggettivo e quindi una volontà effettiva di destinazione di un oggetto a durevole servizio del bene principale.

Rispondendo al quesito iniziale, in mancanza di particolari pattuizioni nell’atto di compravendita il venditore non potrà asportare gli accessori dell’immobile (le porte, i sanitari dei bagni, l’impianto elettrico, l’impianto idraulico, ecc..) e le pertinenze vere e proprie, quali ad esempio lo “scaldabagno”, un armadio a muro “incastonato” nella parete,  il piano di cottura nella cucina, beni fatti su misura per quell’ambiente. Potrà invece rimuovere tutti i mobili, gli arredi e gli impianti per i quali l’elemento soggettivo” prevalga su quello di destinazione stabile e funzionale . Si ritiene, ad esempio, che il venditore possa rimuovere il motore dell’impianto di climatizzazione dell’aria (utilizzabile anche in altro contesto) ma non il sistema di canalizzazione dell’impianto stesso, presente nell’immobile. Il venditore dovrà lasciare “i punti luce” ma potrà invece rimuovere i quadri o delle appliques da parete dipinte con richiami ornamentali riferibili alla propria famiglia.

Un discorso particolare si può fare per le  cantine e posti auto posti nello stesso edificio ove si trova l’immobile compravenduto. Per questi beni, di norma, le parti prendono chiara posizione già in sede di accordi preliminari, vista la loro rilevanza a livello economico. In mancanza di specifica pattuizione, devono intendersi quali pertinenze trasferite con l’oggetto principale, soprattutto bel caso nel quale non abbiano una autonoma identificazione catastale

Ovviamente sarà sempre il buon senso a dove dirigere le azioni delle parti, così come è auspicabile una chiara presa di posizione tra venditore e compratore, già in sede di stipula del contratto preliminare, su ciò che verrà lasciato nell’immobile.