Sembra appena alle spalle la “tempesta perfetta” del covid,  che già nuove nubi minacciano la sostenibilità dei contratti di durata e non mi riferisco solo ai contratti di locazione.

L’aumento del prezzo dell’energia, del gas, la crisi nei trasporti, conseguenze dirette ed indirette del (probabile) inizio di una nuova crisi economico finanziaria e del conflitto bellico in Ucraina, costituiscono nuovi eventi “straordinari ed imprevedibili” i quali, come la pandemia, hanno colto di sorpresa imprenditori e famiglie.

Immaginiamo l’impatto economico che può avere, ad esempio, il moltiplicato costo dell’energia elettrica e del gas per una attività commerciale di produzione artigianale di gelati, oppure per attività quali le palestre, abituate a   climatizzare grandi ambienti, alimentare saune, bagno turco, ecc.

Per l’imprenditore, la voce legata al costo di locazione o quello legato al costo della fornitura del servizio può diventare insostenibile a causa della espansione imprevista ed imprevedibile di una delle voci di spesa, il consumo energetico, che rischia di diventare una delle più rilevanti della sua attività. Anche il conseguenziale aumento del costo delle materie prime, i ritardi nelle consegne, rischiano di mettere in ginocchio le più disparate filiere commerciali e produttive.

Possono venire in soccorso alcuni istituti del Codice civile,  quali ad esempio l’art, 1467 che così recita: “Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458. La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto. La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto”.

L’eccessiva onerosità  quindi giustifica, ove incida notevolmente sull’equilibrio delle prestazioni contrattuale, l’adozione del meccanismo previsto dall’articolo 1467 del codice civile. Qualora sussistano i presupposti per la domanda di risoluzione per eccessiva onerosità, il codice civile prevede anche la possibilità di rinegoziare i termini del rapporto contrattuale, in base al dovere generale di buona fede e correttezza.

Una prima interessante decisione in merito ai principi sopra esposti è stata emessa dal Tribunale di Arezzo con ordinanza del 22 giugno 2022, nell’ambito di un ricorso ex art. 700 cpc.

Il Giudice di Arezzo nell’accogliere il ricorso d’urgenza, ha disposto la cessazione della fornitura del servizio in un contratto in cui era sopravvenuto uno notevole squilibrio tra le obbligazioni delle parti, determinato da ragioni – il costo dell’energia elettrica – di natura che è stata accertata come straordinaria ed imprevedibile.

La domanda era stata proposta da un imprenditore che, in forza di un “contratto di fornitura di servizi di deposito e stoccaggio merci”, aveva assunto l’obbligazione di custodire nelle proprie celle frigorifere i beni di un cliente, per un corrispettivo il cui importo era stato concordato nell’aprile 2021.

Deduceva il ricorrente che a causa dell’improvviso ed imprevedibile aumento dei costi “… dell’energia necessaria ad alimentare le celle frigorifere a far data dal giugno 2021, i costi di gestione del servizio erano divenuti insostenibili e i corrispettivi a suo tempo pattuiti non erano più adeguati a garantire l’equilibrio tra le reciproche obbligazioni”.

Inoltre l’imprenditore precisava di aver ricontrattato le condizioni economiche con altri due suoi clienti, mentre il resistente, (rimasto peraltro contumace) non si era reso in alcun modo disponibile.

Secondo la tesi del ricorrente, l’incidenza del maggior costo, “… al fine di riportare il sinallagma contrattuale nei ranghi iniziali, ammesso e non concesso che i costi energetici non lievitino ulteriormente”, avrebbe determinato la necessità di modificare l’importo del canone per lo stoccaggio della merce a non meno di 6.000,00 euro mensili.

Il giudice ha accolto il ricorso proprio sulla base dei principi di cui all’art. 1467 del c.c.

Il provvedimento, in linea con il principio codicistico sopra richiamato, precisa che nel caso in discussione “… avendo l’energia elettrica raggiunto dei costi non prevedibili e superiori rispetto alle normali oscillazioni di mercato in ragione della crisi economica e finanziaria, alla quale si è aggiunto il conflitto bellico in atto in Europa” si è verificata quella ipotesi in cui lo squilibrio del sinallagma contrattuale dipende da “abnormi cause di natura economica e finanziaria, di carattere generale o particolare, che incidano sui prezzi stessi in maniera straordinaria e imprevedibile”, oltretutto destinata a perdurare se non ad aggravarsi nel tempo .

Il Giudice aretino, richiamando precedenti delle Corti di Roma e Milano, ha inoltre evidenziato che alla parte che risulta svantaggiata dal mutato quadro economico per fatti quali quelli in esame deve essere riconosciuta la possibilità di rinegoziare il contenuto del rapporto contrattuale, e che la controparte è tenuta a cooperare nella trattativa, “in base al dovere generale di buona fede e correttezza oggettiva nella fase successiva alla stipula del contratto e quale fonte di integrazione contrattuale” attività alla quale la resistente si era completamente resa indisponibile, rimanendo anche contumace in giudizio.

Il giudice ha quindi accolto la domanda di cessazione dei servizi di stoccaggio della merce ed ha condannato il soccombente, ex art. 614-bis c.p.c.,   non solo a liberare le celle frigorifere dai suoi beni ma anche a pagare 100,00 euro per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del disposto dell’ordinanza cautelare

È bene concludere sottolineando come la parte che subisce l’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione può solo agire in giudizio per la risoluzione del contratto ai sensi dell’articolo 1467, comma 1, c.c..  Non ha alcun diritto ad ottenere l’equa modifica delle condizioni contrattuali, fermo restando il dovere della controparte di provare ad interloquire con il danneggiato, per valutare la possibilità di riequilibrare le condizioni contrattuali.

Stiamo attraversando tempi difficili; è sempre un buon suggerimento quello di sedersi ad un tavolo con il proprio interlocutore commerciale e provare a risolvere insieme problemi che non erano prevedibili all’inizio del rapporto.