Il pagamento della “buona entrata”, elegantemente anche definita “fee di ingresso”, è una consuetudine molto diffusa nelle locazioni ad uso diverso dall’abitativo

In particolare ci riferiamo ai negozi, soprattutto nelle zone considerate di alto interesse  commerciale, laddove le parti pattuiscono che il locatore, oltre al canone di locazione riceva una somma “a fondo perduto” quale “corrispettivo” o “indennizzo” per aver concesso in godimento il locale.

Ora, tale pattuizione è nulla ed il conduttore può agire   per farsi restituire quanto indebitamente pagato.

Il principio è stato ribadito dalla Corte d’Appello di Milano, sez. III, nella sentenza del 25 gennaio 2023, n. 135

La vicenda alla base della decisione. Nel contratto di locazione era stata prevista la clausola secondo la quale il conduttore avrebbe dovuto versare l’importo di euro 50.000,00 oltre IVA “quale contributo per la consegna  dell’immobile libero da vincoli di occupazione di terzi, nonché quale fee di ingresso nel bene locato”.

Il tribunale aveva condannato il locatore a restituire gli importi parzialmente  già corrisposti a titolo di fee per un importo pari a circa euro 42.000,00.

La Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado e, nel riconoscere il diritto del conduttore ad ottenere la restituzione della “fee di ingresso”, ha richiamato  l’art. 79 della L. 392/78 che sancisce la nullità di “ogni pattuizione che consenta al locatore di pretendere dal conduttore un pagamento non giustificato dal sinallagma contrattuale”.

La consegna dell’immobile libero da vincoli e diritti dei terzi è una delle obbligazioni principali del locatore (artt. 1575 e 1585 del codice civile), al quale non è riconosciuto   il diritto ad un vantaggio economico ulteriore o diverso dal canone di locazione.

Anche l’escamotage utilizzato dalle parti per supportare il pagamento, e cioè la previsione in contratto, a carico  del locatore,  della  “fornitura dell’arredamento e locali in perfetto ordine per poter esercitare l’attività commerciale di vendita pubblico con immediatezza e senza ulteriori costi aggiuntivi”, non è stata ritenuta una circostanza idonea a giustificare il pagamento della “fee”: infatti, secondo la Corte d’Appello, tale pattuizione avrebbe semmai potuto comportare/giustificare un incremento del canone, oppure la previsione di un deposito cauzionale o altra forma di garanzia.

In altre parole, il pagamento della “fee” è sempre sprovvista di causa giustificativa, considerata la natura del contratto (locazione).  L’autonomia contrattuale non vale a superare la barriera della nullità indicata nell’art. 79 della L. 392/1978.

L’assenza di causa e l’insanabile nullità della pattuizione hanno quindi determinato l’obbligo di ripetizione dell’importo versato.

È bene sottolineare che la nullità travolgerebbe l’accordo sulla “buona entrata”  anche se lo stesso fosse stipulato tra il locatore con un soggetto terzo.

Infatti il terzo assuntore dell’obbligo del pagamento della “fee”, ai sensi degli artt. 1421 e 2033 c.c. potrebbe fare valere la nullità del patto e pretendere la restituzione delle somme indebitamente pagate, purché sia accertato un collegamento funzionale tra l’accordo e il contratto di locazione.