L’art. 34 della Legge 392/1978 prevede che “in caso di cessazione del rapporto di locazione relativo agli immobili di cui all’articolo 27, che non sia dovuta a risoluzione per inadempimento o disdetta o recesso del conduttore …. , il conduttore ha diritto, per le attività indicate ai numeri 1) e 2) dell’articolo 27, ad una indennità pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto; per le attività alberghiere l’indennità è pari a 21 mensilità.”

Il presupposto, quindi, è la disdetta/diniego di rinnovo del locatore che è un atto unilaterale ricettizio: come il conduttore la riceve, matura automaticamente il diritto alla indennità.

Le locazioni che possono beneficiare dell’indennità di avviamento sono le locazioni con destinazione industriale, commerciale ed artigianale, di interesse turistico, alberghiera, a condizione che l’attività si svolga al dettaglio e comporti contatti diretti con il pubblico degli utenti e consumatori. Il conduttore ha diritto ad una ulteriore indennità pari all’importo di quelle rispettivamente sopra previste (quindi una doppia indennità) qualora l’immobile venga, da chiunque, adibito all’esercizio della stessa attività o di attività incluse nella medesima tabella merceologica che siano affini a quella già esercitata dal conduttore uscente ed ove il nuovo esercizio venga iniziato entro un anno dalla cessazione del precedente.

È sempre dovuta l’indennità di avviamento, nell’ipotesi di formale invio della disdetta del locatore? In realtà vi possono essere ipotesi nelle quali l’indennità non è dovuta.

Molto importante in tal senso la sentenza 16814 del 15 novembre 2023 del Tribunale di Roma sesta sezione, emessa all’esito del giudizio nel quale lo scrivente Studio ha vittoriosamente difeso un locatore di una attività ricettiva che aveva comunicato la disdetta del contratto per la prima scadenza contrattuale al conduttore, che aveva poi rilasciato l’immobile. Il conduttore aveva poi chiesto ed ottenuto un decreto ingiuntivo per il pagamento della doppia indennità indicata nell’art. 34, L. 392/78.

La vicenda origina dalla disdetta inviata (peraltro non motivata) per la prima scadenza contrattuale. Il conduttore rilasciava l’immobile bonariamente favorendo l’ingresso di un suo partner commerciale che stipulava una nuova locazione, sempre di natura ricettiva.

Il locatore si vedeva notificare un decreto ingiuntivo nel quale gli veniva ingiunto il pagamento a favore del conduttore uscente un importo corrispondente a quarantadue mensilità (ventuno più ventuno) dell’ultimo canone corrisposto, sul presupposto che il nuovo conduttore dell’immobile svolgesse la stessa attività.

Nell’opposizione a decreto ingiuntivo, lo scrivente è riuscito a dimostrare giudizialmente che, sebbene vi fosse stata una formale disdetta da parte del locatore, in realtà il contratto si era concluso per mutuo consenso di entrambe le parti, in quanto il conduttore aveva avuto interesse a far dichiarare cessato il contratto ed a concludere la propria attività.  All’esito dell’istruttoria veniva  dimostrato giudizialmente “l’assoluto disinteresse del conduttore a permanere nell’immobile, per essere impossibilitato a continuare l’attività, collocandosi su un piano causale paritetico con la volontà del locatore, ed è stata di fatto la vera causa della cessazione del rapporto”.

Il conduttore uscente aveva poi favorito un proprio partner commerciale affinché entrasse al posto suo nella conduzione dell’immobile. Secondo il Tribunale  “Nella fattispecie in esame pertanto la cessazione del rapporto di locazione non può ritenersi riferibile unicamente alla volontà o alla iniziativa del locatore, sussistendo un’ipotesi di mutuo consenso tra locatore, vecchio conduttore e nuovo conduttore, dove l’iniziativa primaria della complessa operazione negoziale è da riferirsi al vecchio conduttore….”.

Sono risultate determinanti le testimonianze ed una serie di elementi concludenti, quali la continuità aziendale tra conduttore entrante ed uscente (stessi arredi, stessa insegna, stessi riferimenti telefonici e di contatti commerciali) e la identità di condizioni economiche tra vecchia e nuova locazione.

Importanza rilevante ha avuto inoltre la circostanza che nel contratto cessato il locatore avesse rinunciato all’esercizio del diniego di rinnovo alla prima scadenza. Nella fattispecie la disdetta notificata in dispregio della precisa rinuncia in contratto è stata ritenuta dal Tribunale di Roma non semplicemente nulla (perché non motivata) ma come “radicalmente inesistente” e quindi tamquam non esset.

La recente sentenza del Tribunale di Roma sugli effetti della cessazione del rapporto di locazione per mutuo consenso si pone in continuità con Giurisprudenza di Cassazione (ad es. Cass. n. 22976 del 10/11/2016) ed anche Corte Costituzionale (Ord. 20/12/89 n. 565), ma in un certo senso rappresenta un precedente abbastanza originale, per la particolarità della vicenda giudiziale.

Considerati i gravi rischi processuali, e le particolarità normative in merito, si suggerisce quindi di consultarsi sempre con il proprio Professionista di fiducia per gestire la delicata fase conclusiva di un contratto di locazione commerciale.