Il rito locatizio ordinario che cos’è e come funziona

Il rito locatizio si applica alle controversie relative a rapporti di locazione di immobili urbani, di comodato di immobili urbani e di affitto, è disciplinato dall’art. 447 bis c.p.c., che rinvia agli artt. 414 e seguenti c.p.c. e quindi al c. d. rito del processo del lavoro.
È un tipo di procedimento caratterizzato, almeno “sulla carta”, dall’enfatizzazione dei principi di concentrazione, oralità, immediatezza.

Cosa si intende per principio di oralità

Il principio di oralità è lo strumento che privilegia come mezzo di comunicazione, tra il giudice e i soggetti, l’esposizione dei fatti orale rispetto allo scritto. Il principio di oralità unito con i principi di concentrazione e immediatezza serve a fare in modo che il procedimento si concluda in tempi brevi.

Solo gli atti introduttivi vengono redatti per iscritto: il procedimento ha inizio con ricorso a seguito del quale il Giudice, con decreto, fissa la data di udienza ed indica i termini per la costituzione del convenuto – chi cioè viene citato in causa. A seguito della notifica di copia autentica del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione di udienza (art 415 c.p.c.), il convenuto potrà costituirsi in giudizio con una memoria difensiva (art. 416 c.p.c.).

L’eventuale deposito di ulteriori note difensive o conclusionali deve essere espressamente autorizzato dal Giudice, che nella specie è monocratico.

Cosa si intende per principio di immediatezza

Il Principio di Immediatezza nel processo civile prevede un  rapporto diretto del giudice con le parti. Coniugandosi con i principi di concentrazione e oralità questo strumento è necessario affinché le attività processuali  siano veloci.

Il processo è caratterizzato da rigorose decadenze: ogni domanda, difesa ed atto istruttorio deve rigorosamente essere allegato nell’atto introduttivo (ricorso o memoria difensiva). L’atto introduttivo , quindi, rappresenta il fulcro di tutto il processo locatizio e deve essere quindi redatto con una particolare attenzione e meticolosità.

Cosa si intende per principio di concentrazione degli atti

Per principio di concentrazione si intende la volontà di esaurire la trattazione della causa nell’arco di una sola udienza o, se non è possibile, in udienze  ravvicinate. Naturalmente lo scopo è sempre quello di snellire e velocizzare la procedura.

Il rito ordinario locatizio è stato pensato e strutturato in modo tale che tutto possa definirsi in poche udienze (art. 420 c.p.c). Le parti dovrebbero comparire personalmente alla prima udienza (di prassi , almeno innanzi a Tribunale di Roma, la presenza personale delle parti è però rara) affinché il Giudice possa favorire una ipotetica conciliazione o, almeno effettuare l’interrogatorio libero. Alla prima udienza il giudice ammette le prove indicate e richieste. Sono vietate le udienze di mero rinvio.

È prassi, almeno innanzi al Tribunale romano che, al termine della/delle udienze istruttorie venga disposto un rinvio per la discussione e contestuale decisione della causa, concedendo alle parti un termine per memorie conclusionali fino a 10 giorni prima (ipotesi prevista come eventuale dall’art. 429 cpc).

All’udienza fissata per la decisione, al termine della sintetica discussione della causa, il giudice da lettura del dispositivo della sentenza e delle ragioni di fatto e di diritto che hanno determinato la decisione. mentre la sentenza verrà depositata nei 15 giorni successivi.

Il rito locatizio: foro competente ed i poteri del Giudice

La competenza è esclusiva del Tribunale del luogo in cui risulta situato l’immobile locato, o oggetto di affitto o di comodato.

Nel rito locatizio vengono in modo particolare enfatizzati i poteri istruttori del Giudice, non solo con il richiamo al rito del lavoro. Nell’art. 447 bis cpc viene espressamente previsto che il giudice può disporre anche d’ufficio ed in qualsiasi momento “l’ispezione della cosa e l’ammissione di ogni mezzo di prova ad eccezione del giuramento decisorio , nonché la richiesta di informazioni, sia scritte che orali, alle associazioni di categoria indicate dalle parti”.

Il ricorso introduttivo e la memoria difensiva del convenuto nel rito locatizio

La domanda giudiziale si introduce con ricorso che deve contenere l’indicazione del giudice, le generalità del ricorrente , la determinazione dell’oggetto della domanda, l‘esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda e le relative conclusioni, l’indicazione specifica dei mezzi di prova con, in particolare, la produzione di tutti i documenti dei quali ci si intende avvalere.

Il convenuto (chi cioè viene citato in causa)  deve costituirsi nel termine perentorio di dieci giorni prima dell’udienza con una memoria nella quale, a pena di decadenza deve proporre domanda riconvenzionale (cos’è la domanda riconvenzionale) e presentare tutte le eccezioni, processuali e di merito, non rilevabili d’ufficio. Il convenuto deve prendere posizione in modo preciso su tutti i fatti dedotti dal ricorrente a fondamento della domanda e deve presentare tutte le sue difese in fatti ed in diritto, indicando tutti i mezzi di prova dei quali intende avvalersi.

Quindi nel rito locatizio un eventuale errore o mancanza negli elementi sopra indicati (ad esempio la mandata indicazione di un mezzo di prova o la mancata deduzione di un fatto costitutivo o di una eccezione) può avere effetti devastanti, perché comporterà preclusioni o decadenze non superabili.

Nel rito locatizio, così come nel rito del lavoro, non vi è la possibilità di presentare una memoria integrativa o effettuare depositi documentali successivi per ovviare ad eventuali carenze delle proprie difese iniziali, salvo rare eccezioni quali ad esempio, eventuali difese o prove rese necessarie dalla domanda riconvenzionale della controparte oppure ammissioni di prove che la parte non ha potuto presentare prima, purchè ritenute rilevanti. Il giudice se ritiene può infatti ammettere ogni mezzo di prova ad eccezione del giuramenti decisorio.

La domanda riconvenzionale e l’istanza di differimento di udienza.

A pena di decadenza, il convenuto (chi cioè viene citato in causa) che vuole presentare domanda riconvenzionale (e cioè, in sintesi, la richiesta di condanna/accertamento/costituzione di un diritto nei confronti dell’attore) deve farlo nella propria comparsa di costituzione/memoria difensiva.

Il profilo molto importante da sottolineare è che il convenuto ed attore in via riconvenzionale deve chiedere in sede di costituzione in giudizio che il Giudice, a modifica del decreto già emesso, fissi una nuova udienza.

Il nuovo decreto con fissazione di udienza deve essere notificato all’attore (convenuto in via riconvenzionale), unitamente alla memoria difensiva, nei termini indicati nell’art. 418 cpc.  È errore frequente del convenuto omettere l’istanza di differimento dell’udienza: tale errore comporta irrimediabilmente la decadenza dalla domanda riconvenzionale.

Il mutamento del rito ex art. 426 c.p.c. e 667 c.p.c.

“Il giudice, quando rileva che una causa promossa nelle forme ordinarie riguarda uno dei rapporti previsti dall’articolo 409, fissa con ordinanza l’udienza di cui all’articolo 420 e il termine perentorio entro il quale le parti dovranno provvedere all’eventuale integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria”

L’art. 426 c.p.c. , che disciplina il passaggio dal rito ordinario a quello speciale lavoristico, è di importanza centrale nel rito locatizio.
È infatti frequente che in un giudizio introdotto con fase sommaria (convalida di sfratto per morosità o convalida di sfratto per finita locazione) il convenuto spieghi una opposizione.

In tale ipotesi si chiude la fase sommaria ed il giudice dispone con ordinanza il mutamento del rito, rinviando ad altra udienza e concedendo termini perentori alle parti per memorie integrative e deposito documenti/indicazione prove. Il giudizio introdotto con procedimento monitorio proseguirà quindi secondo il rito speciale locatizio (art. 667 c.p.c.)
Il giudice, in tale sede, deve invitare le parti ad esperire il procedimento di mediazione.

La media conciliazione obbligatoria nel rito locativo

In virtù della riforma, attuata con d.l. 69/2013, convertito con modificazioni in l. 98/2013, è stata reintrodotta, per le cause di locazione che proseguono a seguito del mutamento del rito – l’obbligatorietà del procedimento di mediazione, sanzionata con l’improcedibilità del giudizio.

Il giudice deve assegnare alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della relativa domanda al competente organismo, con la stessa ordinanza che dispone il mutamento del rito.
Infatti ai sensi dell’art.5, comma 4, lett.b) d.lgs.28/2010 le disposizioni dei commi 1 bis e 2 (obbligatorietà della mediazione e sanzione della improcedibilità del giudizio) non si applicano “b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’art.667 c.p.c”.

L’originario intimante ha l’onere dell’avvio del procedimento entro 15 giorni dalla data dell’udienza ex art. 426 c.p.c.
Anche questo termine di 15 giorni deve essere considerato perentorio, secondo la giurisprudenza prevalente; pertanto, il mancato rispetto del termine, comporta come conseguenza una pronuncia di improcedibilità del giudizio.

La sentenza di primo grado e l’appello nel rito locativo

“Le sentenze di condanna di primo grado sono provvisoriamente esecutive. All’esecuzione si può procedere con la sola copia del dispositivo in pendenza del termine per il deposito della sentenza. Il giudice d’appello può disporre con ordinanza non impugnabile che l’efficacia esecutiva o l’esecuzione siano sospese quando dalle stesse possa derivare all’altra parte gravissimo danno.”(art. 447 bis cpc).

Il principio sopra esposto, mutuato dal rito del lavoro, indica che il Legislatore ha voluto conferire particolare forza alla sentenza resa nel processo locativo. È possibile quindi agire in via esecutiva anche con il semplice dispositivo, in attesa della pubblicazione della sentenza.

Contro la sentenza è possibile fare appello innanzi alla Corte d’Appello competente per territorio, che è sempre quello ove è situato l’immobile o l’azienda.

Il rito è quello del lavoro (art. 433 e ss del c.p.c.) e quindi si introduce con ricorso. Il Presidente della Corte d’Appello con decreto nomina il Giudice Relatore e fissa l’udienza di discussone davanti al collegio. L’appellante deve procedere alla notifica del ricorso e del decreto nei termini dicui all’art. 435 c.p.c.

Il processo in appello si svolge innanzi ad un Giudice Collegiale (in primo grado è monocratico) ed è caratterizzato dagli stessi principi di concentrazione ed oralità del primo grado (art.437 c.p.c.) ; pertanto all’udienza di discussione il Giudice Relatore fa la sua relazione orale ed il Collegio pronuncia la sentenza.

Non sono ammesse domande ed eccezioni nuove, né mezzi di prova nuovi, salvo eccezioni ritenute “indispensabili” dal Collegio ai fini della decisione.
Anche la sentenza di Appello è esecutiva e si può procedere all’esecuzione con la sola copia del dispositivo, in attesa del deposito della sentenza.

Contatta lo studio – descrivi il tuo problema verrai contattato per un’appuntamento